CAPRICCI SI O NO?
Quello che chiamiamo CAPRICCIO, è una risposta del bambino a situazioni per lui troppo complesse da gestire. Questi attacchi d'ira esprimono un disagio o un bisogno profondo del piccolo. I capricci non sono scenate, bensì il risultato della frustrazione che esprime il bambino nel non riuscire a fare qualcosa, ottenere qualcosa, o essere compreso. Il bambino non piange e non urla senza motivo: siamo noi adulti che spesso non ne comprendiamo il motivo.
Quello che chiamiamo capriccio, e che passa attraverso la rabbia, è una richiesta di aiuto.
Cosa succede durante un capriccio ?
Quando un genitore si chiude a riccio di fronte un capriccio, o sgrida il bambino, impuntandosi sulla sua posizione autoritaria, o lo ricatta e lo corregge con metodi duri e ingiusti, il genitore fa i capricci! E questo non è utile a nessuno dei due. Ciò che è utile, invece, è riconoscere il bisogno del bambino, quello che ci sta comunicando, e fornirgli gli strumenti adeguati per esprimersi in modo funzionale.
In che modo?
Prima di arrabbiarci, chiediamoci cosa sta succedendo, e ricordiamoci che il bambino ha dei bisogni, delle necessità, delle capacità cognitive e uno sviluppo cerebrale diversi da quelli di un adulto.
È vero, è difficile e a volte doloroso, per un genitore, il momento del capriccio del bambino, soprattutto se quell'adulto non ha fatto i conti con le sue frustrazioni e non ha curato le sue ferite emotive infantili. Ma è POSSIBILE ! è possibile interrompere il circuito distruttivo della rabbia, CAPIRE cosa ci sta comunicando realmente il bambino e AIUTARLO.
Ecco cosa dobbiamo ricordare:
• Il cervello del bambino non ha ancora le competenze per riuscire a gestire le proprie emozioni, frustrazioni e pulsioni. Le zone cerebrali incaricate di questa gestione non sono completamente funzionali. In particolare la corteccia prefrontale che controlla le impulsioni e le emozioni comincerà a maturare solo a partire dai 5 anni. Questo significa che il bambino non è in grado di controllare le sue reazioni emozionali. Esprime la sua emozione senza filtri. Non possiede 'la capacità di rivalutazione'.
• I bambini si stancano, come noi. ll bambino ha attraversato un' intera giornata, come noi, e magari nelle situazioni precedenti ha dato il massimo. Ora, tornato dai genitori, non ha più forze e risorse per controllarsi: magari ha dato il massimo a scuola, ha seguito le regole della classe, si è sforzato di mangiare con il cucchiaino a mensa senza sporcare, si è anche fatto sgridare per aver litigato con un compagno ...ha cercato di fare il massimo perché sapeva che le manifestazioni intense delle sue emozioni non sarebbero di certo state accolte con empatia in queste circostanze. Quindi le ha represse. Poi, tornato da mamma e papà, si è dato il permesso di lasciarsi andare, di scaricare tutte le tensioni accumulate durante la giornata . L'aspettativa è quella di esser capito e di trovare dei genitori pronti ad accogliere il suo malessere e la sua fatica in maniera comprensiva ! Ecco perché a volte "il bambino fa così soltanto a casa".
• Tutte le emozioni, rabbia compresa, hanno il diritto di essere provate ed espresse, dal bambino come dall'adulto e dal genitore. Ciò che fa la differenza è "come" vengono espresse, ossia in modo produttivo (funzionale) o distruttivo (disfunzionale).
• I bambini sanno comunicare, ma parlano una lingua diversa dalla nostra. O forse siamo noi adulti, che parliamo una lingua diversa. Per capirci, occorre perciò parlare una lingua comune, che oltre alle parole è fatta di corpo, di empatia, di abbracci, di contatto, di sguardi, di mimica facciale, di movimenti e gesti, di colori, di giochi.
• Il bambino non sa ancora dare un nome a ciò che prova , le emozioni. Spesso neanche noi grandi sappiamo distinguere la rabbia dalla paura, o dalla tristezza. Impariamo a riconoscere le emozioni e i sentimenti che proviamo e che prova il nostro bambino, in modo da poterlo aiutare a dare un nome a ciò che prova. Nominando le sue emozioni, i circuiti della sua corteccia prefrontale registrano e associano lo stato d'animo con la situazione e si rinforzano. Progressivamente questi circuiti incaricati di regolare gli impulsi emozionali, diventano più efficaci e funzionali, e il bambino saprà dirci come si sente, invece che battere i piedi a terra.
• Il bambino ha il bisogno, il diritto e il dovere di essere rispettato. Così come noi adulti ci sentiamo offesi e frustrati dalla mancanza di rispetto, anche il bambino prova le stesse sensazioni. Nulla ci da il permesso di offendere o mancare di rispetto al bambino. L'educazione è un'altra cosa.
• Alcune regole che per noi sono scontate, non lo sono per il bambino. È necessario perciò parlarne insieme, spiegarle, negoziarle, se si tratta di regole flessibili e il bambino ha un'età in cui questo è possibile. Altrimenti, se sono regole intransigenti e il bambino non è ancora capace di dialogare, stabiliamo noi le regole che il bambino può e deve rispettare, dando comunque tutte le informazioni utili al bambino, in un linguaggio a lui comprensibile, che gli facciano capire perché è importante rispettarle, e che possano aiutarlo ad accettarle.
• Impariamo insieme al bambino a rilassarci, a calmarci, a riflettere su quello che è successo.
• Il bambino ha bisogno di sviluppare e conquistare la sua autonomia, lentamente e in modo graduale. Aiutiamolo in questo. Accompagnamolo nelle sue esplorazioni ed acquisizioni; diamogli fiducia e permesso affinché impari a fare da solo. Offriamogli delle alternative, delle possibilità di scelta.
• La rabbia non funziona sulla rabbia. La vicinanza e l'affetto sì. Perciò: diciamoglielo al bambino che siamo dispiaciuti, quando lui piange o ci manifesta un disagio. Non immaginate che danno può provocare in un bambino una frase del tipo "se piangi e ti arrabbi sei stupido" o "se continui così me ne vado", per non parlare di gesti aggressivi.
• Il bambino ha bisogno di ridere e giocare con noi, oltre che avere delle regole.
• Chiedere scusa ai bambini è un atto di coraggio e di amore.
Detto ciò, punirlo, minacciarlo, sgridarlo, è veramente controproducente. Il vostro bambino è già travolto da una tempesta emozionale, non ha bisogno che aggiungiamo in lui altri sentimenti ed emozioni negative. Quello di cui ha bisogno è empatia, amore e strategie per imparare progressivamente a fare fronte alle sue frustrazioni.
Se ci vergogniamo del comportamento di nostro figlio e cominciamo a chiederci cosa staranno pensando di noi, metteremo in pratica strategie per far terminare la crisi reprimendole : "Se non la finisci le prendi" oppure "Ora la smetti se no stasera vai a letto senza cena", o comprandogli il suo gioco preferito a patto che la smetta. NON FATELO PIU'! probabilmente il bambino smetterà di fare i capricci, ma noi non lo staremo aiutando concretamente nel gestire le sue emozioni e le crisi che non riesce a controllare.
Invece di fare ciò, PRENDIAMOLO IN BRACCIO, conteniamolo, manteniamo la calma, parliamogli dolcemente, accompagnamo il bambino nella sua tempesta emotiva. Lui ha bisogno di noi. E non fermiamoci di farlo, se le sue grida copriranno le nostre parole. Ad un certo punto sentirà che siamo con lui, che lo amiamo, e che ciò che per noi è importante è che lui stia bene.